New Review | CRAMPO EIGHTEEN – Mojo Bag

 

Crampo Eighteen – Mojo Bag

Altri fiori sono germogliati dalle ceneri di quella che, va detto senza ripensamenti, era la migliore band della prima ondata di heavy psych made in Italy: i baresi That’s All Folks!. Dopo gli Anuseye e gli Atomic Workers (da recuperare i due bellissimi album su Nasoni Records: “Embryonic Suicide” e “Wall of Water Behind Me”) è la volta di Crampo Eighteen con Nino Colaianni diviso tra voci, chitarre e organo, Luca Stero alla chitarra, Michele Danza al basso e Vanni Sardiello alla batteria.

Mojo Bag” è la loro terza uscita, dopo l’esordio “The Men With One Ear” del 2016 e il convincente “Monkey Garden” del 2018. Riconosciamo subito qualcosa di famigliare: è la chitarra di Nino, elegante, raffinata, pacifica. Prende il suo tempo per disegnare un rifframa compatto, mai troppo accelerato o aggressivo: un lord prestato al songwriting. Questa volta però il risultato complessivo si sposta dal genere, andando a lambire territori prossimi, ma decisamente diversi.

Come una massa che lievitando è andata ad avvolgere tutto quello che ha intorno, così la musica dei Crampo Eighteen è andata ad occupare quel campo trasversale che sta tra il classic rock, la psichedelia e l’american hard rock. Prendiamo “I’ll Be Good”: è orecchiabile, adorabile, un indie rock che potrebbe piacere ai fan dei Weezer, come agli irriducibili di Neil Young. “Oxy Blues” è Seattle sound cucinato con attenzione, ma lo spettro dei Novanta grunge e tossici è un riferimento continuo – Screaming Trees in cima alla lista.

I ritornelli sono appiccicosi come miele, se li incontri non ti si staccano più di dosso: devi canticchiarli e ricanticchiarli over and over again. C’è anche un discreto sentore di Loop e Spacemen 3 ma soprattutto nella sostanza, non nella forma, che non sfoga mai in un minutaggio sopra i cinque minuti. Anche questo aspetto è dimostrazione di una maturata tecnica compositiva. Quando poi il pezzo finale, “Gimme Sugar”, attacca con l’organo e siamo a mordere le chiappe dei Verve, allora le ugole si gonfiano in sing-a-long irresistibili.

È certo: con gli anni siamo passati da Gimme Danger a Gimme Sugar e va bene così.

Eugenio Di Giacomantonio

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