New Review | NIGHT BEATS – Rajan

 

Night Beats – Rajan

Continua il suo viaggio ad alta densità lisergica il nostro Lee Blackwell, al secolo Danny Lee Billingsley. Dopo aver omaggiato i Sonics risuonando per intero il loro classico Boom del 1966 e dopo il riuscito Outlaw R&B, per i Night Beats è arrivato il momento di quello che è il loro capolavoro: Rajan.

La loro lisergica messa gospel era stata già apprezzata dal vivo. Ma non tragga in inganno l’influsso orientaleggiante dell’iniziale Hot Ghee: il vinile si muove sinuoso nella metà degli anni Sessanta, partendo da garage e sfiorando la lounge music e l’eleganza di Burt Bacharach. Indicazione vividissima da dove venga il sapore di quest’album è Thank You, una citazione diretta ed incosciente del classico Sunny di Bobby Hebb.

Nightmare e Dusty Jungle percorrono la black music nella stessa maniera del coetaneo Curtis Harding – seguitelo se siete devoti della tride Marvin Gaye, Isaac Hayes e Curtis Mayfield: ne rimarrete incantati. Le chitarre girano su ritmi funk e soul, il distorsore è quasi bandito e le raffinatezze pop di Serge Gainsbourg fanno capolino a più riprese: calore bianco e calore nero uniti senza sforzo apparente. È questo il miracolo del disco.

Ambrose Kenny Smith dei King Gizzard & The Lizard Wizard è l’ospite speciale in Osaka e tutto magicamente punta al motorik sound dei Neu! di Klaus Dinger e Michael Rother. A chiusura dei solchi arrivano 9 to 5, scuola Motown algida al cloroformio, e Morocco Blues, curiosa e riuscita collisione tra country a stelle e strisce e circolarità nordafricana.

Dedica in calce alla madre. Questo ci fa capire direttamente quanto ci possa tenere David Lee Blackwell a questa manciata di brani. L’uscita è congiunta Suicide Squeeze Records e Fuzz Club.

Eugenio Di Giacomantonio

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