Al terzo album dopo Against All Gods e Long Lost, i Moon’s Mallow raggiungono una certa maturità con Out of the Foxholes.
Gioia Coppola, la deus ex-machina del progetto, è istintiva, selvaggia e viscerale. Preferisce un’espressione sentita e partecipata, piuttosto che tecnicamente perfetta e qui, possiamo metterlo per iscritto, risiede la forza del suo progetto.
Fuori dalla tana della volpe c’è una nuova vita, forse. Una vita più giusta ed inclusiva. I suoi testi parlano di libertà, serpenti elettrici e stregoni, mentre la musica è libera di volare dove vuole. Veramente.
Cyclamen Joe è arricchita da archi e pianoforte, risultando un classico noir, dove Gioia prende a prestito i registri di Diamanda Galas, facendoli suoi. Raw e Hawks hanno una patina quasi prog, così come No Mediation e Invite Me sono frutto dell’acid rock d’eccellenza.
Gioia canta come se quella fosse l’ultima canzone sulla terra (Our world is dying, dying… declama letteralmente) e offre tutta se stessa. Non ho memoria di chanteuse italiane che abbiano lo stesso feeling sporco e sanguigno, applicato al rock underground.
Queste canzoni nascono da mappe emotive molto forti a cui viene data una veste fruibile e contingente. Sono il frutto di un percorso interiore a cui Claudio Colaianni (chitarra e voce), Stefano Pomponio (tastiere e synth), Michele Rossiello (basso) e Damiano Ceglie (batteria) hanno dato significato, veste e struttura, producendo un album di rara bellezza.
Farsi travolgere da queste onde è catartico e liberatorio: sia per Gioia, che per noi. Nota conclusiva: sulla pagina Bandcamp dei Moon\’s Mallow è disponibile anche la alternate version di Out of the Foxholes con la versione alternativa di I Know a Man come bonus track.
Eugenio Di Giacomantonio