La Go Down Records prende in carico gli Anuseye alla pubblicazione di Right Place Wrong Time, il quarto full-length della band pugliese dopo che la Vincebus Eruptum, storica label savonese che aveva pubblicato i primi tre album, ha dichiarato lo stop a tempo indeterminato alle pubblicazioni. Così i nostri presentano il proprio biglietto da visita al cospetto dell’etichetta romagnola, diventando immediatamente uno dei gruppi di punta dell’intero rooster heavy psych (tra gli altri Pater Nembrot, Vibravoid, Maya Mountains).
Ma quali sono questi posti giusti frequentati nel momento sbagliato? Claudio Colaianni, con un’idea geniale, ha menzionato una serie di città che danno il titolo ai corrispettivi brani del disco. Si parte con Odessa, veloce e spietata, che riporta alla luce i primi interventi su vinile dei That’s All Folks! per quanto è aspra e diretta. Ma non poteva essere altrimenti, visto quello che sta succedendo da quelle parti negli ultimi anni… Fight for your freedom / but freedom don’t need fights / it scores no tomorrow: così taglia corto Claudio, facendo sua, fino al midollo, la tesi della non violenza.
Seguono Sagres (a sud del Portogallo) e Churchofchrist che rappresentano un uno-due dove la componente Sixties del gruppo è più evidente che mai. I toni rallentano e diventano più misteriosi nella doppietta successiva: la strumentale Bratislava, un ambient oscuro con chitarra pizzicata, che introduce Medellin, dove riemerge la componente sabbathiana, senza sfociare mai nel doom vero e proprio. Ed è proprio qui l’originalità degli Anuseye: mescolare i due decenni fondamentali del rock, Sessanta e Settanta, in maniera del tutto naturale e sincronica.
Girando lato si riparte con Vancouver, anche questa tirata e nervosa, e la successiva Kyoto dove il timbro si fa più evocativo e sul finale si sente qualcuno declamare qualcosa in giapponese (meraviglia!). Nel finale due pezzi siamesi da sei minuti ciascuno, dove emerge un’altra intuizione degli Anuseye; portare per mano la musica heavy psych verso quello che una volta veniva chiamata musica alternative e che adesso non sappiamo più cosa sia esattamente. Ma la band ci mostra una possibile via da percorrere, gonfiando il suo sound heavy con forti elementi melodici che rimangono stampati in mente (Stockholm è autenticamente grunge delle origini come non ne ascoltavamo da anni).
Affiancati dal fido Nanni Surace in sede di registrazione e produzione, gli Anuseye hanno messo in circolo il solito album stupefacente in quanto ad inventiva e scrittura melodica, realizzando un platter classic rock alla stregua dei Lydsyn, side project di Lorenzo Woodrose, che ha fatto la stessa operazione ma con risultati diversi. Da segnalare che l’edizione in digitale contiene tre brani in più (Adis Abeba, Santiago e Berlin).
Eugenio Di Giacomantonio