New Review | A VIOLET PINE – Crown Shyness

 

A Violet Pine – Crown Shyness

Sono un gruppo denso A Violet Pine. Qualcuno potrebbe dire gothic o addirittura new wave. In realtà, sono una band esistenziale, un po’ come i primi registi francesi della Nouvelle Vague. Certo, potrebbero piacere a quei giovani emo con il ciuffo davanti agli occhi (ma esistono ancora?), eppure si tratta di una band rock a lungo raggio con una definizione delle liriche superiore alla media.

Al quarto album in studio intitolato “Crown Shyness” e arrivato dopo “Girl”, “Turtles” ed “Again”, A Violet Pine mostrano la loro parte più epica, come se l’esperienza delle proprie vite avesse creato l’urgenza di un disco vero e diretto. Ai pezzi più rudi come “Rust” (una robusta deflagrazione che potrebbe ricordare i Tool), “Heaven in My Desire” (siamo su un grunge disperato e tiratissimo, ma non senza parti toccanti), “Am I There?” (se fossimo negli anni Novanta la definiremmo indie rock), fanno da controparte delicate digressione interiori ed emotive come “Us”, momento di leggerezza e soavità, e “Buildings”, una canzone non priva di carattere, nata intorno ai migliori Smashing Pumpkins.

La strumentale “Moz #” (non crediamo sia un riferimento al buon Morrissey, o no?) sfrutta un’idea geniale sulle sei corde, mentre “All These Ghosts” chiude “Crown Shyness” con un crescendo tra gli Swans e i Godspeed You! Black Emperor. Difficile immaginare che dietro questo trio ci sia il cosmonauta Paolo Ormas dei Rainbow Bridge (gruppo che definire discepolo della Experience di Jimi Hendrix è un puro eufemismo) ma tant’è: la paletta espressiva dell’underground rock e dei suoi esponenti non si pone limiti di sorta. Il disco è come al solito autoprodotto ed è disponibile su Bandcamp.

Eugenio Di Giacomantonio