Lydsyn – Lydsyn
Dopo un lungo e travagliato periodo, torna l’amato Lorenzo Woodrose con una band tutta nuova: i Lydsyn. Un power trio come si faceva una volta, ma in questo caso siamo lontani dai Baby Woodrose.
In questo disco d’esordio cantato completamente in danese, registrato, mixato e masterizzato da Flemming Rasmussen ai celebri studi Sweet Silence di Copenhagen, Uffe abbraccia il rock a tutto tondo, per non dire esplicitamente l’hard rock. Un tuffo di pancia dentro i classici degli anni Settanta, con un’inclinazione particolare verso le band storiche come Deep Purple, AC/DC, Led Zeppelin e via di seguito.
Sembra che questa volta il timone non sia solo in mano a Lorenzo. I due compari di brigata, Palle Demant al basso e Jens Eyde alla batteria, fanno sentire la loro influenza in sede di composizione.
Lo stile inconfondibile di Lorenzo, una verace e vivida continuazione del grande Roky Erickson, tocca in punta di fioretto perle preziose come “To Syge Skud” e “Tårnet” – quasi due out-take del bellissimo “Magisk Realisme”, realizzato a nome proprio – “Hymne Til Kroppen” (cover di un brano del 1978 dei misconosciuti Splask) e la finale “Bålet”. Ma nell’ascolto dell’album giungono espressioni blues, acustiche, roots, che, se da una parte incuriosiscono, dall’altra non generano la meraviglia a cui siamo abituati nella scoperta elettrizzante delle altre band di Lorenzen.
Non un passo falso, ci mancherebbe, anche perché i nove pezzi di questo album d’esordio dei Lydsyn (sempre sotto l’egida di Bad Afro) sono una spanna sopra tutto quello che viene definito psichedelia moderna. Ma una mancata festa lisergica. Come se un amico ti fosse venuto a trovare senza portare niente da bere.
Magari è come un buon vino: il tempo gli darà forza e carattere.
Eugenio Di Giacomantonio