Black Mama – Where the Wild Things Run
Nove tracce di rhythm and blues dal sapore nostalgico. I Black Mama sono un trio di Verona che nel 2019 ha pubblicato il secondo album Where the Wild Things Run, e ci immaginiamo che queste cose selvagge a cui si riferiscono siano di casa nell’America del Sud dei primi del Novecento.
Feelin’ Allright apre le danze in perfetto fingerpicking style ultra-elettrico e a trecento all’ora. Where the Wild Things Run – sorpresa! – ha un bel sapore di acid rock anni Sessanta, come dei novelli Quicksilver Messenger Service (tra le altre cose la copertina dei nostri cita apertamente Happy Trails).
L’uno/due di Tell My Mama e Come On, Come On, Come On prende per la barba i fratelli Gibbons, era Tres Hombres, quindi assolutamente un bel sentire. Emerge a questo punto la bravura di Nicolò che con il suo stile chitarristico riesce a scappare dall’accusa di revivalismo tout court.
Cosa lampante nel mid tempo Hands Full of Nothing but the Blues, un buon blues claptoniano, vellutato come le porpore cardinalizie. Ma sta mano po’ esse pure fero e quindi ecco I Got a Woman, che lancia la sfida face to face ai Black Keys sul loro stesso campo, anche se per energia e convincimento il terzetto mostra i muscoli come i Grand Funk Railroad.
Il diavolo veste di rosso, come le donne disinvolte, così come Red Dressed Devil è disinvolta nell’affiancare al blues un certo vago sapore funk à la Living Colour. Shining Rust è dodici battute dodici che stranamente riportano alla mente l’hair metal losangelino degli Ottanta suonato al Troubadour e la conclusiva Icarus non poteva farci mancare l’acustica per completare il concept.
Where the Wild Things Run è un buon album che potremo definire a tutti gli effetti classic rock.
Feelin’ Allright apre le danze in perfetto fingerpicking style ultra-elettrico e a trecento all’ora. Where the Wild Things Run – sorpresa! – ha un bel sapore di acid rock anni Sessanta, come dei novelli Quicksilver Messenger Service (tra le altre cose la copertina dei nostri cita apertamente Happy Trails).
L’uno/due di Tell My Mama e Come On, Come On, Come On prende per la barba i fratelli Gibbons, era Tres Hombres, quindi assolutamente un bel sentire. Emerge a questo punto la bravura di Nicolò che con il suo stile chitarristico riesce a scappare dall’accusa di revivalismo tout court.
Cosa lampante nel mid tempo Hands Full of Nothing but the Blues, un buon blues claptoniano, vellutato come le porpore cardinalizie. Ma sta mano po’ esse pure fero e quindi ecco I Got a Woman, che lancia la sfida face to face ai Black Keys sul loro stesso campo, anche se per energia e convincimento il terzetto mostra i muscoli come i Grand Funk Railroad.
Il diavolo veste di rosso, come le donne disinvolte, così come Red Dressed Devil è disinvolta nell’affiancare al blues un certo vago sapore funk à la Living Colour. Shining Rust è dodici battute dodici che stranamente riportano alla mente l’hair metal losangelino degli Ottanta suonato al Troubadour e la conclusiva Icarus non poteva farci mancare l’acustica per completare il concept.
Where the Wild Things Run è un buon album che potremo definire a tutti gli effetti classic rock.
Eugenio Di Giacomantonio