Virtual Time – /A·gò·gi·ca/
I Virtual Time sono una classic hard rock band che
arriva da Bassano del Grappa, nata per volontà di Alessandro Meneghini e
Luca Gazzola nel 2012. Se avevano convinto agli esordi per una sana e
robusta fascinazione per la band di Page & Plant, l’impianto
zeppeliniano che aveva caratterizzato il precedente Animal Regression, loro ultima fatica uscita nel 2018 sempre via Go Down Records, pare essere letteralmente svanito.
Il terzo capitolo della pentalogia proposta dai Virtual Time, intitolato /A·gò·gi·ca/ (ovvero l’impulso dal quale scaturisce il ritmo musicale), si perde nella miriade di contaminazioni ed ascolti che i ragazzi hanno fatto nel tempo. A volo di uccello si passa dal roots rock americano di Nowhere Land alla Creedence Clearwater Revival e Crosby, Still, Nash & Young, al moderno indie di Falling Away, alla citazione pinkfloydiana di Subtle Echoes.
Moonshadows prende per mano gli stessi Floyd e li mescola alla contemporaneità dei Radiohead, risultando il pezzo più sentito ed accorato; Close to Reality è invece un interludio ambient straniante che introduce She, quasi degli Air in chiave rock.
A Night in Paradise chiama in causa il Dirigibile, ma anche il ricordo appare con i contorni sfumati. La conclusiva Distant Shores ha infine il pathos di alcuni pezzi degli U2 di The Joshua Tree.
Dovremmo aspettare la conclusione del progetto per capire cosa hanno in mente Alessandro, Luca, Marco e Filippo. Per ora, l’esito di questo volume lascia un po’ d’amaro in bocca.
Eugenio Di Giacomantonio
Il terzo capitolo della pentalogia proposta dai Virtual Time, intitolato /A·gò·gi·ca/ (ovvero l’impulso dal quale scaturisce il ritmo musicale), si perde nella miriade di contaminazioni ed ascolti che i ragazzi hanno fatto nel tempo. A volo di uccello si passa dal roots rock americano di Nowhere Land alla Creedence Clearwater Revival e Crosby, Still, Nash & Young, al moderno indie di Falling Away, alla citazione pinkfloydiana di Subtle Echoes.
Moonshadows prende per mano gli stessi Floyd e li mescola alla contemporaneità dei Radiohead, risultando il pezzo più sentito ed accorato; Close to Reality è invece un interludio ambient straniante che introduce She, quasi degli Air in chiave rock.
A Night in Paradise chiama in causa il Dirigibile, ma anche il ricordo appare con i contorni sfumati. La conclusiva Distant Shores ha infine il pathos di alcuni pezzi degli U2 di The Joshua Tree.
Dovremmo aspettare la conclusione del progetto per capire cosa hanno in mente Alessandro, Luca, Marco e Filippo. Per ora, l’esito di questo volume lascia un po’ d’amaro in bocca.
Eugenio Di Giacomantonio