- Voto della Redazione: 7/10
- Band: Space Paranoids
- 1. Elephannibal
2. Wildboar March Part II
3. Red Coast
4. La Draio (Feat. Tom Newton)
5. Malpas
6. Iupiter Penn Boogie
7. Man from Mecca
8. Val d'Inferno - Etichetta: Vollmer Industries, Edison Box, Scatti Vorticosi Records, TADCA Records
- Anno: 2018
- Official Website
Space Paranoids – High Tales
Tornano gli Space Paranoids con “High Tales” dopo i brillanti “The Eternal Rambler” del 2015 e l’esordio “Under the King of Stone” del 2012. I racconti alti
del titolo non ammiccano ad un’aurea letteraria, ma si riferiscono
all’alta quota, vero amore manifesto di Simone, Cristiano, Luca e
Andrea.
Si apre proprio con lo spirito conquistatore di Annibale di “Elephannibal”, roccioso stoner blues ad impatto frontale e si segue la scia con la successiva “Wilboar March Part II”, hard desertico come lo potevano concepire quella meteora dorata che furono gli Unida (guardate il video su YouTube qui sotto così potete vedere la terra che li nutre).
“Red Coast” vira verso toni leggermente più grungy, mentre “La Draio”, seppur partendo con un flavor alla Rage Against the Machine, si inchina alle dolcezze psichedeliche del finale con la partecipazione di Tom Newton all’armonica a bocca. Scelta azzeccata, non solo perché dal 1970 l’innesto funziona grazie a Ozzy Osbourne, ma proprio perché da lupi alpini quali sono non potevano non omaggiare uno strumento così famigliare.
“Malpas” ha qualcosa di candidamente American classic rock mentre “Iupiter Penn Boogie” è perfetta per ospitare Ben Ward, così com’è hard heavy blues alla maniera degli Orange Goblin del periodo “The Big Black”. Sul finale “Man from Mecca” risulta più vellutata e suadente, narrandoci di vite spese nei boschi e defluisce nella strumentale “Valdinferno”, finale ancor più approfondito nello sguardo consolatorio su ciò che li circonda.
Parlano di cose che conoscono bene gli Space Paranoids e riescono nell’intento da farci partecipare al loro mondo, ruspante e genuino, per una quarantina di minuti. Notevole.
Eugenio Di Giacomantonio
Si apre proprio con lo spirito conquistatore di Annibale di “Elephannibal”, roccioso stoner blues ad impatto frontale e si segue la scia con la successiva “Wilboar March Part II”, hard desertico come lo potevano concepire quella meteora dorata che furono gli Unida (guardate il video su YouTube qui sotto così potete vedere la terra che li nutre).
“Red Coast” vira verso toni leggermente più grungy, mentre “La Draio”, seppur partendo con un flavor alla Rage Against the Machine, si inchina alle dolcezze psichedeliche del finale con la partecipazione di Tom Newton all’armonica a bocca. Scelta azzeccata, non solo perché dal 1970 l’innesto funziona grazie a Ozzy Osbourne, ma proprio perché da lupi alpini quali sono non potevano non omaggiare uno strumento così famigliare.
“Malpas” ha qualcosa di candidamente American classic rock mentre “Iupiter Penn Boogie” è perfetta per ospitare Ben Ward, così com’è hard heavy blues alla maniera degli Orange Goblin del periodo “The Big Black”. Sul finale “Man from Mecca” risulta più vellutata e suadente, narrandoci di vite spese nei boschi e defluisce nella strumentale “Valdinferno”, finale ancor più approfondito nello sguardo consolatorio su ciò che li circonda.
Parlano di cose che conoscono bene gli Space Paranoids e riescono nell’intento da farci partecipare al loro mondo, ruspante e genuino, per una quarantina di minuti. Notevole.
Eugenio Di Giacomantonio