Rinunci a Satana? – Blerum Blerum
Rinunci a Satana? No, sembrano rispondere Damiano
Casanova (Il Babau e i Maledetti Cretini) e Marco Mazzoldi (ex Fuzz
Orchestra e Bron y Aur), le menti dietro al miglior moniker mai esistito
in lingua italiana. “Blerum Blerum” è il loro secondo album, un concentrato di “Hard-Asperger-Rock” suonato con chitarre, batteria, ekoTiger e synth.
Damiano e Marco partono a razzo e finiscono incredibilmente a razzo, snocciolando nove perle strumentali, spassose fin dai titoli. Apre “Valhalla Rising”, bellissimo bignamino (con riferimento al film di Nicolas Winding Refn) su tutto quello che sono stati i Black Sabbath nell’ambito della musica heavy e il richiamo di Iommi viene seguito nella successiva “La veneranda fabbrica del Doomm”, che sul finale diventa una vera e propria “Paranoid” sfacciata e paracula (ma i due citano simpaticamente anche “War Pigs” per un secondo).
Seguono “Blerum” e “Blerum”, gemelle diverse: la prima è un blues come lo potrebbe suonare un ubriaco, la seconda un blues come lo potrebbe suonare Brant Bjork. “Salice Mago” è una ballata southern con abuso di wah-wah che la rende incredibile, la successiva “Niente di nuovo sul fronte occidentale” ribadisce il concetto che non è niente di nuovo l’amore smisurato verso il Sabba Nero, anche se viene virato verso sapori orientali (pensate in qualche misura agli Stinking Lizaveta).
“La serata del Gourmet” presenta delizie tutte italiane condite con ingredienti Osanna, The Trip e Metamorfosi, servite su un letto di popolare napoletana; “Chi sta scavando?” è un delirio con urla primordiali, ma non come John Lennon di “Mother” quanto come un bimbo che si incazza perché lo portate via dalle giostre.
Chiude “Dr. Tomas Ragtime Blues” che, come dice il titolo, è un congedo bifolco di un minuto e mezzo. Bravi Damiano e Marco: fantasia, classe e cazzimma. Sentiteli voi i piagnoni, io mi diverto con loro.
Eugenio Di Giacomantonio
Damiano e Marco partono a razzo e finiscono incredibilmente a razzo, snocciolando nove perle strumentali, spassose fin dai titoli. Apre “Valhalla Rising”, bellissimo bignamino (con riferimento al film di Nicolas Winding Refn) su tutto quello che sono stati i Black Sabbath nell’ambito della musica heavy e il richiamo di Iommi viene seguito nella successiva “La veneranda fabbrica del Doomm”, che sul finale diventa una vera e propria “Paranoid” sfacciata e paracula (ma i due citano simpaticamente anche “War Pigs” per un secondo).
Seguono “Blerum” e “Blerum”, gemelle diverse: la prima è un blues come lo potrebbe suonare un ubriaco, la seconda un blues come lo potrebbe suonare Brant Bjork. “Salice Mago” è una ballata southern con abuso di wah-wah che la rende incredibile, la successiva “Niente di nuovo sul fronte occidentale” ribadisce il concetto che non è niente di nuovo l’amore smisurato verso il Sabba Nero, anche se viene virato verso sapori orientali (pensate in qualche misura agli Stinking Lizaveta).
“La serata del Gourmet” presenta delizie tutte italiane condite con ingredienti Osanna, The Trip e Metamorfosi, servite su un letto di popolare napoletana; “Chi sta scavando?” è un delirio con urla primordiali, ma non come John Lennon di “Mother” quanto come un bimbo che si incazza perché lo portate via dalle giostre.
Chiude “Dr. Tomas Ragtime Blues” che, come dice il titolo, è un congedo bifolco di un minuto e mezzo. Bravi Damiano e Marco: fantasia, classe e cazzimma. Sentiteli voi i piagnoni, io mi diverto con loro.
Eugenio Di Giacomantonio