Prisma Circus – Mk. II / Promethea’s Armageddon
Bravi e creativi come i Radio Moscow, i Prisma Circus
hanno dovuto affrontare qualche difficoltà per pubblicare il secondo
album. Prima di tutto una nuova line-up che giustifica il marchio MK II
(è rimasto in piedi controvento il solo Joaquin Escudero Arce, basso e
voce) e di conseguenza il modo di scrivere e arrangiare la propria
musica.
Ora, diciamolo pure, sembrano avvelenati: un pezzo come El Blues del Matusser è talmente furibondo ed infuocato che ricorda la lezione dei Pappo’s Blues, band argentina dei Settanta, del talentuoso chitarrista Norberto Napolitano, detto Pappo. E l’opener Promethea’s Armageddon conferma il sapore latino e la lezione di Napolitano di un’altra sua band di allora, gli Aeroblus, veloci e schizzati, primitivi Motorhead, in contemporanea con i progetti di Lemmy in quegli anni (siamo nel 1977).
Quando c’è sensibilità e classe, come già dimostrato nell’esordio Reminiscences, sembra tutto molto facile. La doppietta Fake Coral Snake e The Obsolete Man (non è una risposta a Eccentric Man dei Groundhogs, don’t worry!) sembra dirlo apertamente: ci divertiamo a rompervi il xxxx, giocando tra la tecnica dei Deep Purple, l’epica dei Rainbow e il furore bianco britannico che diede il via al NWOBHM nella prima metà dei Settanta. Complimenti.
El Guia de la Santa Compana fa il trittico con El Blues e la seguente Los Pasos de Coloso nella composizione delle liriche in lingua madre (quanto affascinante e riuscita risulta essere la lingua spagnola, nelle mani giuste? Band del Belpaese, provateci con la vostra lingua madre!) e fa terminare l’ascolto tra sapori desertici, rallentamenti, visioni in acido e colori deformi, alla maniera dei contemporanei (che fine hanno fatto?) El Festival de los Viajes, band argentina con alcuni membri dei Dragonauta. Sotto il Segno del Marchio Secondo le cose sembrano essere migliorate di gran lunga; un disco amabile ed incandescente per tutti quelli che cercano una musica eccitante.
Eugenio Di Giacomantonio
Ora, diciamolo pure, sembrano avvelenati: un pezzo come El Blues del Matusser è talmente furibondo ed infuocato che ricorda la lezione dei Pappo’s Blues, band argentina dei Settanta, del talentuoso chitarrista Norberto Napolitano, detto Pappo. E l’opener Promethea’s Armageddon conferma il sapore latino e la lezione di Napolitano di un’altra sua band di allora, gli Aeroblus, veloci e schizzati, primitivi Motorhead, in contemporanea con i progetti di Lemmy in quegli anni (siamo nel 1977).
Quando c’è sensibilità e classe, come già dimostrato nell’esordio Reminiscences, sembra tutto molto facile. La doppietta Fake Coral Snake e The Obsolete Man (non è una risposta a Eccentric Man dei Groundhogs, don’t worry!) sembra dirlo apertamente: ci divertiamo a rompervi il xxxx, giocando tra la tecnica dei Deep Purple, l’epica dei Rainbow e il furore bianco britannico che diede il via al NWOBHM nella prima metà dei Settanta. Complimenti.
El Guia de la Santa Compana fa il trittico con El Blues e la seguente Los Pasos de Coloso nella composizione delle liriche in lingua madre (quanto affascinante e riuscita risulta essere la lingua spagnola, nelle mani giuste? Band del Belpaese, provateci con la vostra lingua madre!) e fa terminare l’ascolto tra sapori desertici, rallentamenti, visioni in acido e colori deformi, alla maniera dei contemporanei (che fine hanno fatto?) El Festival de los Viajes, band argentina con alcuni membri dei Dragonauta. Sotto il Segno del Marchio Secondo le cose sembrano essere migliorate di gran lunga; un disco amabile ed incandescente per tutti quelli che cercano una musica eccitante.
Eugenio Di Giacomantonio