New Review | GIANNI URBANI – Compendium




Gianni Urbani – Compendium

L’uomo è una figura destinata a scomparire. Con questo incipit si presenta il compendio del secondo disco di Gianni Urbani, al secolo chitarrista dei Joe Maple e abile creatore di riff ammalianti. Osservando le  psicopatologie quotidiane che caratterizzano l’uomo del terzo millennio, ha sintetizzato la sua visione in elementi di neoluddismo. Ma se è vero che la tecnologia è portatrice di cambiamenti sociali, politici e culturali, è vero anche che essa è la struttura che permette la realizzazione espressiva e musicale del nostro che, nella solitudine del suo studio domestico, ha composto, prodotto e suonato sei pezzi di una bellezza verace.


Rispetto all’urgenza del debutto (#MusicaStocastica del 2015) dove non è stato facile contenere tutte le idee in un solo blocco, qui si gode di una rilassatezza mediata. C’è stato il giusto tempo per approfondire il viaggio dentro di sé e sul fondo di questa scoperta si è depositata una rabbia misurata.

Audiophoby si muove in punta di piedi, quasi avesse paura di attaccare il silenzio, e defluisce dentro L’abbraccio del pugile, che guarda in faccia Josh Homme, sfidandolo. Doors se ne infischia del gruppo di Venice Beach e fa emergere la fascinazione del nostro verso il lavoro di Trent Reznor, al netto delle chincaglierie elettroniche. Il Vuoto formale è il segno di un’attesa, mentre Funk the Fuck n’ Sax the Sucks (premio internazionale come miglior titolo 2018!) è la sua risposta hard/punk in odore blaxploitation (la vedremmo bene in un inseguimento del maestro Enzo G. Castellari).

Chiude Vladivostock che riprende la padronanza del mezzo di Audiophoby e tutto finisce dopo una ventina di minuti. Buono come il peperoncino sulla pasta, il lavoro di Gianni Urbani è cresciuto come un cactus sul brecciarone e continuerà a crescere.

Eugenio Di Giacomantonio