L’Ira del Baccano – Paradox Hourglass
Due chitarre, basso, synth e batteria per creare mondi magnifici. Attivi nell’underground musicale della capitale dal 2006, con “Paradox Hourglass” sono alla terza uscita dopo “Si Non Sedes iS...Live” (un live di 56 minuti registrato in presa diretta nel 2008) e “Terra 42” del 2014. Ma con questo ultimo album sembra che i quattro abbiano voluto completare e confermare in sintesi l’esperienza e la sensibilità acquisita fino ad oggi.
Si parte con la suite della title-track di venti minuti, divisa in due parti: “L’Ira del Baccano”, dove un riff alla Wino va a frammentare galassie synth e inframmezzi dolci e delicati come solo Jerry Garcia sapeva fare; il seguito di “No Razor for Occam” è più duro anche se risulta coerente con i passaggi precedenti. “Abilene” riporta in primo piano i riff, in questo caso più sabbatthiani e pesanti, ma sempre raffinati ed eleganti, come nella scelta di improvvise accelerazioni e cambi di tempo, prima di staccare i distorsori e diventare quasi desert song, anche se non è facile segnalare tutte le idee che i nostri mettono dentro un solo minuto di musica (come nel finale, dove rischiano di diventare dei Ronin della musica psichedelica pesante).
L’ultima “The Blind Phoenix Rises” piazza quasi a sorpresa un colpo cosmic doom come degli Electric Wizard di “Supercoven” o meglio i Sons of Otis (band canadese che univa granitici riff iommiani a space synth sporchi e cattivi), ma è solo l’inizio: poi viene messa tanta altra massa al fuoco che la vampa è impressionante. Questo è il paradosso dell’Ira del Baccano: suonare tremendamente retrò e tremendamente affascinanti.
Eugenio Di Giacomantonio