Rainbow Bridge – Dirty Sunday
Sin dal moniker scelto ci troviamo di fronte a dei ragazzi infatuati dall’experience hendrixiana a cui hanno addizionato peyote e THC per snaturare quel diavolaccio del blues dentro bordelli del Rancho de la Luna. “Dirty Sunday” ha proprio la pacca di una nottata brava a bere whiskey dalle tette delle spogliarelliste, mentre “Maharishi Suite” è una prova dell’abilità chitarristica del bravo Giuseppe “Jimi Ray” Piazzolla che dell’illustre omonimo argentino non ha nulla se non l’eleganza esecutiva.
I pezzi sono tutti strumentali e hanno la vocazione a sciogliersi liberamente tra le trame più casuali ed accidentali, anche se c’è sempre un gancio dove trovarsi per non far deragliare la questione. “Hot Wheels” è altra piccola pepita dove si spinge di più verso la potenza del riff piuttosto che nella fantasia dell’improvvisazione, mentre la conclusiva “Rainbow Bridge” è giusto il manifesto della band: un riff handrixiano al 100% introduce una jam assatanata dove i solos di “Jimi Ray” tagliano la sfera del reale… Ottimo antipasto per prove più lunghe ed articolate questo primo lavoro. Ma c’è di che gioire.
Eugenio Di Giacomantonio