Voto |
01. Extended Prayer 02. Solace When I Think I Live in a Post Post-Modern Era 03. Exile |
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PATER NEMBROT - "Extended Pyramid" Con un calore emotivo prossimo alla stagione unplugged di metà anni Novanta si presenta "Extended Pyramid" dei romagnoli Pater Nembrot. Un rumore catturato in sala studio, una chitarra acustica e una voce lenta come lava hanno la stessa disperata dolcezza vista negli occhi di Layne Staley. Partire così è come fare una confessione a cuore aperto. O come mostrare la famiglia da cui si discende. In ogni caso, una dichiarazione di genuinità. Philip Leonardi (chitarre, voce, flauto, synth), Jack Pasghin (basso) e Alfredo "Big J" Casoni (batteria) hanno voluto rappresentare il loro ideale di perfezione mescolando influenze che valicano i confini di tre decenni. E ci sono riusciti sintetizzando Mad Season, Los Natas, Melvins, Pink Floyd, Cream e Blue Cheer in appena 18 minuti. L'iniziale minisuite composta da "Extended Prayer" e "Solace When I Think I Live in a Post Post-Modern Era" fa scontrare frontalmente le principali dottrine underground della fine del secolo scorso, grunge vs stoner, sorpassando di lato quel mostro a nome Motorpsycho. Le discese ardite e le risalite. Il dolce e il piccante. Lo schiaffo amoroso. Eccellente. Appresso "Exile" è la dolce vita. Come prima, meglio di prima, il battito lento della batteria viene tumulato nel granito delle chitarra. Qualcosina in più emerge: uno stile fatto di chiaroscuri che vuole andare a trovare il blues proprio dove l'avevano lasciato le rock band degli anni 70 come Leaf Hound, Black Cat Bones e Cactus. Calore bianco come si leggeva da qualche parte. Calore italiano come si potrebbe ipotizzare oggi. Sempre meglio questi Pater. Sempre meglio. Eugenio Di Giacomantonio |