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ARBOURETUM
Roma - Circolo degli Artisti - 26/04/2012


Take your time. Prendi il tuo tempo. Non importa se sei lento e procedi al rallentatore: segui il tuo ritmo e le cose andranno per il verso giusto. Isaac Hayes è il massimo esponente di questa filosofia applicata alla musica con il suo soul ad alto tasso erotico in battuta profonda e l'idea che questo mood possa essere applicato anche a sonorità heavy psych ce la offrono gli Arbouretum, stasera al Circolo degli Artisti di Roma.
Freschi di una pubblicazione in combutta con gli Hush Arbors per la Thrill Jokey, viaggiano insieme al barbuto Luke Roberts, artefice di una musica tanto sognante quanto bucolica nelle sue divagazioni folk dal sapore rurale. È stato un peccato non averlo visto perchè l'immagine di un cantautore che si offre al pubblico solo con voce e chitarra è sempre affascinante. Ma ci rifacciamo con l'accoppiata The Cyborgs: malefico duo rock'n'roll tutto italiano in odore Bob Log al quadrato. Si presentano con maschera da saldatore appoggiata sopra a doppiopetto di pelle: una garanzia di buon gusto. Sparano semplici riff che accarezzano il pubblico chiedendo il loro intervento sostenuti da uno stranissimo intreccio tastiera e batteria. Come si può suonare nello stesso momento piatti, hit hat, cassa e keyboard? Andate a vederli e avrete la risposta; inoltre vi godrete un ottimo show che cerca le vostre voglie più sconce e le trova.
Una coltre di fumo presenta gli Arbouretum. La barba lunga da profeta detta legge. La chitarra è la protagonista assoluta con la sua devastante distorsione crunch americana sin dalle primissime note. Sotto, con precisione chirurgica, basso, batteria e tastiera (ed occasionalmente percussioni e tamburello) garantiscono un tappeto denso come lava. Iniziano con un pezzo fresco di stampa e il calore inizia a girare tra gli astanti. Caso più unico che raro, pochissima gente smuove la testa, segno che la voglia di non perdersi alcun passaggio è troppo alta e la concentrazione è ai massimi livelli. Dopo 5 minuti siamo già catturati dal sound ipnotico ma pregno di gentile melodia. È come assistere, da serpenti, al suono dell'incantatore: curiosità, attanagliamento e colpo di grazia. Quando partono i solos di chitarra, vorresti che non finissero mai. E il buon Dave Heumann (voce e chitarra) questo lo sa bene e spinge le corde fino alla quarta dimensione e puntualmente il suono del basso prende una diramazione occasionale per riportare tutto a casa, come nella bellissima "St. Anthony's Fire". "The White Bird" è di una bellezza talmente sconvolgente che viene rallentata e distorta ulteriormente per garantire il prolungamento dell'estasi, ed altrettanto si può dire di tutte le canzoni ripescate da "The Gathering", album che segna uno stato di grazia per la band. Non vengono snobbate neanche le primissime uscite, come "Tonight's a Jewel", altamente significante nell'omaggiare la scrittura di Nick Drake, e "Mohammed's Hex and Bounty", bellissima nel portarti a spasso a piedi nudi nella brughiera.
I pezzi si allungano e il tempo passa troppo velocemente. Dopo un'ora siamo già ai reclamatissimi bis: "False Spring" è una vera e propria elegia della libertà e l'ultimissima "The Highwayman" tocca il vertice dell'intero concerto proprio negli ultimi minuti. Vero che è una cover di Jimmy Webb, ma gli Arbouretum hanno saputo far fiorire quel giardino che il buon Jimmy aveva solo seminato. Nessun altro pezzo avrebbe potuto terminare questo live con altrettanta bellezza incantatoria: vera poesia in musica ed elisir di dolce vita. Dopo tutti a nanna. Di più non si poteva proprio fare. O forse sì, dato che lo sguardo basito di Dave in direzione del fonico che gli intimava lo stop verso mezzanotte è stato indice di una voglia di continuare a suonare difficile da stemperare. Ma non fa niente. Roma ha ospitato gli Arboretum ed oggi è stato un bellissimo giorno per tutti.


Eugenio Di Giacomantonio